Miei Cari
Questo lavoro fotografico è una riflessione sulla morte e su ciò che la precede. Sul corpo e sui segni impressi dal tempo e dalla malattia.
Ho maturato questo progetto durante gli anni di attività come medico in un hospice, una struttura sanitaria dove si alleviano le sofferenze dei malati terminali. Gli scatti sono stati realizzati nella Fondazione Antea di Roma.
Seguendo i malati nei loro ultimi giorni, ho sentito il bisogno di esplorare con la fotografia ciò che percepivo dentro e attorno a me, in un clima emotivo generato dalla solitudine delle stanze, da odori e suoni, dalle luci slegate dal naturale alternarsi del giorno e della notte. È andata crescendo in me la consapevolezza di essere in un territorio incomprensibile e inspiegabile, se non nella sua meccanica fisiologica.
Il procedere tra vita e morte è centrale nella esperienza umana ed è costitutivo di molta speculazione filosofica e della rivelazione di ogni credo religioso, che cerca di ricondurre nei limiti della cognizione un dolore che la trascende, uno sconcerto che la mente fatica ad accettare.
La realtà che ho vissuto invece non sembrava muoversi in nessun orizzonte di senso. Mi sono trovata di fronte a un fatto che si compie in pochi istanti.
Ho voluto quindi rendere omaggio al corpo nei suoi dettagli, particolari e universali, unico dato certo e presente in quei momenti, capace di conservare una sua bellezza anche mentre la vita lo abbandona.
My Beloved
This photographic work is a reflection on death and what precedes it. On the body and on the signs imprinted by time and disease.
I developed this project during my years as a doctor in a hospice, a health facility where the suffering of terminally ill patients is alleviated. The shots were taken at the Antea Foundation in Rome.
Following the sick in their last days, I felt the need to explore with photography what I perceived inside and around me, in an emotional atmosphere generated by the solitude of the rooms, by smells and sounds, by the lights disconnected from the natural alternation of day and night. It has been growing in me the awareness of being in an incomprehensible and inexplicable territory, if not in its physiological mechanics.
The progress between life and death is central to human experience and is constitutive of much philosophical speculation and the revelation of every religious creed, which seeks to bring back to the limits of cognition a pain that transcends it, a bewilderment that the mind struggles to accept.
The reality I experienced instead did not seem to move in any sense. I found myself faced with a fact that takes place in a few moments.
So I wanted to pay homage to the body in its details, particular and universal, the only certain and present datum in those moments, capable of preserving its beauty even as life abandons it.